lunedì 29 luglio 2013

Caldo che fobia: meglio pedalare in compagnia (prima parte)



Caldo caldissimo.
E con l’aria pesante e immobile come il cemento, qual è il rimedio migliore per combattere il caldo? Questo weekend, nel mio caso, una bella gita in bicicletta. Una sessantina di chilometri di pedalate sotto il solleone, con una compagnia ritrovata dopo anni in cui c’eravamo persi di vista.
‘na giornata in piscina sembrava troppo brutto, no?
Dopo essere stata messa alla gogna pubblica per aver ipotizzato di arrivare in macchina direttamente al ristorante, mi sono vista costretta ad accettare la sfida.
Considerato che la mia preparazione atletica consiste in un paio di lezioni settimanali di zumba, portate a termine tra sbuffi, mancamenti e abbuffate di liquirizia, succhiata freneticamente per alzare la pressione sempre a terra, in una palestra con aria condizionata, l’aver ceduto alle insistenze degli smaniosi del pedale è stato un atto di pura follia.

Partiamo verso le 10.30.

Saremmo dovuti partire verso le 9.30. Se non fosse stato per:
·         Litigio del risveglio con la dolce metà. Svegliandosi carinamente per primo, per preparare la colazione, non s’è trovato solo in cucina: ad aspettarlo c’era un piccolo ragnetto, che s’era adoperato tutta la settimana con grande ardore a tirare fili di bava tra i soprammobili sopra la mensola (e chi c’arriva là sopra con lo straccio?!); il mio Orlando furioso ha perso il lume della ragione (è terrorizzato da tutti gli insetti, farfalle comprese e, naturalmente, ragni in primis).
In settimana lui non è mai a casa, perché lavora in giro per l’Italia, per cui dovrei essere io a mandare avanti il nido domestico; ho il lieto compito di tenere decentemente la casa, peraltro grande come un francobollo. Peccato che tra i due io sia la disordinata cronica e lui Mr. Mastro Lindo.  Io giro sempre scalza e lui c’ha le ciabatte per la casa e quelle per il terrazzo e una collezione completa di ciabatte “da dentro” e “da fuori” per tutti gli ospiti.
Cmq, succede puntualmente che verso il mercoledì perdo il controllo dell’appartamento e getto la spugna, per poi cercare di rimediare il rimediabile il venerdì sera, dopo lavoro, prima dell’arrivo della dolce metà. Il che vuol dire che il tempo per le pulizie di fino non c’è mai.

Generalmente, quando si litiga, cerco sempre di aggrapparmi a qualche valore etico, per avercela vinta senza troppe lungaggini. E così è stato, anche in questo caso: dopo averlo accusato di maschilismo e di mancanza di rispetto, l’ho minacciato di non sognarsi di farmi i conti in tasca perché io sono l’unica padrona del mio tempo, di cui non devo rendere conto a nessuno. Ha funzionato. Ci siamo vestiti e siamo partiti, riappacificati e sorridenti, ma con un po’ di ritardo accumulato.
·          
      Mancanza di mezzi di locomozione. Recuperata la bici dallo sgabuzzino condominiale per raggiungere il luogo di ritrovo, mi accorgo che entrambe le ruote sono scoppiate; quella davanti è pure pericolosamente svirgolata.
E ora? Corriamo dai miei genitori, dai quali recuperiamo una bici d’emergenza, che non è altro che la due-ruote risalente al periodo della mia adolescenza. La provo in cortile ma ogni pedalata è una ginocchiata sul mento; il dito della mano destra si indurisce a furia di tenere fermo il regolatore delle marce, che altrimenti scalano a loro piacimento. La ruggine che ricopre la catena è la ciliegina sulla torta.
Senza scoraggiarci facciamo brain storming e partoriamo il piano C.
Ci viene in mente che la mamma della dolce metà è in montagna per scappare dalla cappa di calore. Recuperiamo il doppione delle chiavi di casa sua, ci intrufoliamo in garage e agguantiamo la sua adoratissima bici, intoccabile e imprestabile.
Studiamo come è parcheggiata, per poi essere in grado di rimetterla nella stessa identica posizione, compresa inclinazione del manubrio e altezza dei pedali!
Bene, siamo finalmente pronti. Saltiamo in sella e troviamo gli altri ad aspettarci sotto gli alberi del parco, vestiti di tutto punto con magliettine tecniche sgargianti e pantaloncini imbottiti. Io, con i miei bermuda di sangallo e le ballerine in tinta con il cappellino da pic-nic campagnolo, ho il timore di avere un po’ sottovalutato la giornata. Il timore diventa dura realtà quando si parte a una media di 100km/h, pestando sui pedali come indemoniati ala volta della ciclabile.

Qualche lamento urlato al vento da chi chiude la fila (io) e troviamo un ritmo di crociera condiviso, che riesco a mantenere senza troppe difficoltà grazie alla testarossa della quasi-suocera (ora ho capito perché è tanto gelosa del suo gioiellino, fila che è un piacere!); a metà strada ci spezziamo le gambe con uno sprizzetto e ripartire è un dramma, ma in qualche modo riusciamo, un’oretta dopo, ad arrivare alla meta finale, una locanda di cucina tradizionale graziosissima.
Visti tutti gli sforzi non mi sento in colpa a ordinare coniglio al mirto con polenta, alla facciaccia della calura, preceduto da un mix di affettati obesi e formaggi stagionati, innaffiati da una Sauvignon che va giù fin troppo bene grazie alla sua freschezza.

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