Caldo caldissimo.
E con l’aria pesante e immobile come il cemento, qual è il
rimedio migliore per combattere il caldo? Questo weekend, nel mio caso, una
bella gita in bicicletta. Una sessantina di chilometri di pedalate sotto il
solleone, con una compagnia ritrovata dopo anni in cui c’eravamo persi di vista.
‘na giornata in piscina sembrava troppo brutto, no?
Dopo essere stata messa alla gogna pubblica per aver
ipotizzato di arrivare in macchina direttamente al ristorante, mi sono vista
costretta ad accettare la sfida.
Considerato che la mia preparazione atletica consiste in un
paio di lezioni settimanali di zumba, portate a termine tra sbuffi, mancamenti
e abbuffate di liquirizia, succhiata freneticamente per alzare la pressione
sempre a terra, in una palestra con aria condizionata, l’aver ceduto alle
insistenze degli smaniosi del pedale è stato un atto di pura follia.
Partiamo verso le
10.30.
Saremmo dovuti partire verso le 9.30. Se non fosse stato
per:
·
Litigio
del risveglio con la dolce metà. Svegliandosi carinamente per primo, per
preparare la colazione, non s’è trovato solo in cucina: ad aspettarlo c’era un
piccolo ragnetto, che s’era adoperato tutta la settimana con grande ardore a
tirare fili di bava tra i soprammobili sopra la mensola (e chi c’arriva là
sopra con lo straccio?!); il mio Orlando furioso ha perso il lume della ragione
(è terrorizzato da tutti gli insetti, farfalle comprese e, naturalmente, ragni
in primis).
In settimana lui non è mai a casa, perché lavora
in giro per l’Italia, per cui dovrei essere io a mandare avanti il nido
domestico; ho il lieto compito di tenere decentemente la casa, peraltro grande
come un francobollo. Peccato che tra i due io sia la disordinata cronica e lui
Mr. Mastro Lindo. Io giro sempre scalza
e lui c’ha le ciabatte per la casa e quelle per il terrazzo e una collezione
completa di ciabatte “da dentro” e “da fuori” per tutti gli ospiti.
Cmq, succede puntualmente che verso il
mercoledì perdo il controllo dell’appartamento e getto la spugna, per poi
cercare di rimediare il rimediabile il venerdì sera, dopo lavoro, prima dell’arrivo
della dolce metà. Il che vuol dire che il tempo per le pulizie di fino non c’è
mai.
Generalmente, quando si litiga, cerco
sempre di aggrapparmi a qualche valore etico, per avercela vinta senza troppe
lungaggini. E così è stato, anche in questo caso: dopo averlo accusato di
maschilismo e di mancanza di rispetto, l’ho minacciato di non sognarsi di farmi
i conti in tasca perché io sono l’unica padrona del mio tempo, di cui non devo
rendere conto a nessuno. Ha funzionato. Ci siamo vestiti e siamo partiti,
riappacificati e sorridenti, ma con un po’ di ritardo accumulato.
·
Mancanza
di mezzi di locomozione. Recuperata la bici dallo sgabuzzino condominiale
per raggiungere il luogo di ritrovo, mi accorgo che entrambe le ruote sono
scoppiate; quella davanti è pure pericolosamente svirgolata.
E ora? Corriamo dai miei genitori, dai quali
recuperiamo una bici d’emergenza, che non è altro che la due-ruote risalente al
periodo della mia adolescenza. La provo in cortile ma ogni pedalata è una
ginocchiata sul mento; il dito della mano destra si indurisce a furia di tenere
fermo il regolatore delle marce, che altrimenti scalano a loro piacimento. La
ruggine che ricopre la catena è la ciliegina sulla torta.
Senza scoraggiarci facciamo brain storming
e partoriamo il piano C.
Ci viene in mente che la mamma della dolce
metà è in montagna per scappare dalla cappa di calore. Recuperiamo il doppione
delle chiavi di casa sua, ci intrufoliamo in garage e agguantiamo la sua
adoratissima bici, intoccabile e imprestabile.
Studiamo come è parcheggiata, per poi essere in grado di rimetterla nella stessa identica posizione, compresa inclinazione del manubrio e altezza dei pedali!
Studiamo come è parcheggiata, per poi essere in grado di rimetterla nella stessa identica posizione, compresa inclinazione del manubrio e altezza dei pedali!
Bene, siamo finalmente pronti. Saltiamo in
sella e troviamo gli altri ad aspettarci sotto gli alberi del parco, vestiti di
tutto punto con magliettine tecniche sgargianti e pantaloncini imbottiti. Io,
con i miei bermuda di sangallo e le ballerine in tinta con il cappellino da
pic-nic campagnolo, ho il timore di avere un po’ sottovalutato la giornata. Il
timore diventa dura realtà quando si parte a una media di 100km/h, pestando sui
pedali come indemoniati ala volta della ciclabile.
Qualche lamento urlato al vento da chi
chiude la fila (io) e troviamo un ritmo di crociera condiviso, che riesco a
mantenere senza troppe difficoltà grazie alla testarossa della quasi-suocera
(ora ho capito perché è tanto gelosa del suo gioiellino, fila che è un
piacere!); a metà strada ci spezziamo le gambe con uno sprizzetto e ripartire è
un dramma, ma in qualche modo riusciamo, un’oretta dopo, ad arrivare alla meta
finale, una locanda di cucina tradizionale graziosissima.
Visti tutti gli sforzi non mi sento in colpa
a ordinare coniglio al mirto con polenta, alla facciaccia della calura,
preceduto da un mix di affettati obesi e formaggi stagionati, innaffiati da una
Sauvignon che va giù fin troppo bene grazie alla sua freschezza.
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